domenica 26 gennaio 2014

Dedicato ai genitori

Uno dei modi migliori per imparare la geografia è quello di praticarla strada facendo: infatti quando un semplice nome sulla mappa si trasforma in una località vera e propria davanti ai tuoi occhi, con le strade, i campanili, le vetrine e la gente, è difficile poi che si confonda con un altro nome, perché a quel punto la magia del viaggio avrà fatto il suo corso.
E quando a bordo ci sono dei bambini è una regola che vale ancora di più, perché quando i piccoli si trovano davanti gente che parla una lingua diversa, che abita in case dall’aspetto diverso e che mangia cose diverse, non possono fare a meno di essere curiosi ed elettrizzati di fronte a questo mondo sconosciuto che si apre davanti a loro, affascinandoli come l’universo delle fiabe. 
A questo proposito non posso fare a meno di ricordare le reazioni dei miei figli, quando erano piccoli, davanti alle molteplici realtà che si dispiegavano davanti ai loro occhi, in un caleidoscopio di architetture inusuali, abitudini curiose, cibi stravaganti che li affascinavano oltre misura, permettendogli però di imparare “dal vivo” la geografia della porzione di mondo che visitavano. A volte con esiti quasi imbarazzanti, come quando, trovandosi alle elementari, fronteggiavano la maestra esclamando: “Non è come dice lei, io là ci sono stato”! E spesso avevano ragione loro, già forti della loro personale esperienza, nonostante si trovassero soltanto alle elementari.
Ora loro sono grandi, laureati e autonomi. Ma io sono sempre stata molto orgogliosa, insieme al marito, di aver potuto concedere loro la libertà di vedere con i loro occhi una piccola porzione di mondo al di là della realtà quotidiana, permettendogli di fare confronti, di notare le differenze e le diversità, di aprire la mente e il cuore a quello che stava fuori dal “recinto” abituale, che non era né inferiore né superiore a loro. Anche nelle numerose occasioni in cui il nostro camper era visto come una sorta di astronave nei Paesi più lontani che visitavamo, quando ancora in certe zone del nord Africa o della vicina Asia o anche della stessa Europa il turismo in camper era faccenda da pionieri e il contatto con la popolazione locale, incuriosita da quel buffo mezzo metà casa e metà veicolo era dapprima sospettoso, per poi diventare incuriosito e infine di piena e genuina accoglienza.
Tutto questo ha permesso nei figli un’apertura mentale spesso impensabile nei loro coetanei, concedendogli spesso la facoltà del dubbio e sempre il concetto di rispetto per gli altri, anche per quelli così diversi da noi per cultura, religione o razza; perché spesso la diversità è soltanto sinonimo di ricchezza... E oggi, a trent’anni di distanza dalla mia prima esperienza in camper, sono convinta che, se al mondo ci fossero più camper e meno cannoni, il dialogo tra gli uomini potrebbe essere molto più concreto e la pace nel mondo una speranza nelle mani di tutti noi, cittadini del mondo. 
Anche questa è vita da camperista!

Tratto da:  www.leviedelcamper.it

6 commenti:

  1. Bellissimi pensieri ... Mi ricordo quando in una sosta i nostri due bambini, tiravano fuori qualche giocattolo ed immediatamente si formava un gruppetto di bimbetti di tutte le età e nazioni, e con una facilità invidiabile, fraternizzavano tra loro capendosi in un lampo con uno sguardo o un semplice sorriso.

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  2. Secondo me l'esperienze in camper, specialmente all'estero, resteranno indelebili nei ricordi dei nostri figli aiutandoli a capire che sono cittadini del mondo

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  3. Cittadini del mondo, senza distinzioni di razza, colore, religione, ceto sociale.

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  4. Anch'io condivido questi bei pensieri. Ho cominciato a fare campeggio poco dopo la fine della guerra e, prima da solo, poi con moglie e infine con i figli, girando i diversi Paesi, abbiamo potuto capire e accettare le diversità senza troppo stupircene.

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  5. Anch'io condivido questi bei pensieri. Ho cominciato a fare campeggio poco dopo la fine della guerra e, prima da solo, poi con moglie e infine con i figli, girando i diversi Paesi, abbiamo potuto capire e accettare le diversità senza troppo stupircene.

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